Ragazzuoli, salve a tutti e bentornati. Ci siamo, anche quest’anno sta per finire e, come ogni anno, mi piace prendermi un momento per tirare le somme. Spero di essere più ispirato dell’anno scorso.
Il 2016 è stato un anno super pazzo. 12 mesi, per me, di follia e cambiamenti e normalità e di nuovo follia e corse rocambolesche e disperati tentativi di (ri)trovare la strada. S’è visto anche qui sul blog. Tra gennaio e febbraio non ho pubblicato granché perché ho dovuto fare i conti con la fine dell’università. Ne è uscita una tesi di laurea che titolava Vincoli cosmologici dalle distorsioni geometriche della funzione di correlazione (sono dovuto andarmelo a riguardare perché ogni volta mi scordo le parole esatte). A guardarla adesso non è che sia tutta ‘sta gran cosa, c’è un sacco di errori e di sviste, di certo si sarebbe potuto far meglio o di più. Ma se ripenso alla fatica fatta per cacciar giù nero su bianco quella manciata di pagine… Sono contento che sia andata, e sono contento di com’è andata.

E c’etano tantissimi colori super belli, in quei grafici.
Tornato alla normalità e chiuso il capitolo università sono tornato a dedicarmi in maniera più o meno stabile al fumetto, al blog, alla lettura. E, da questo punto di vista, il 2016 è stato un anno spaziale.
Negli ultimi mesi in particolare ho cercato di stare più sul pezzo, di esser più regolare, di scrivere e leggere di più. E in tutta onestà, pur non avendo centrato del tutto il bersaglio, posso dire d’esserci arrivato abbastanza vicino. Tra un articolo inutile e uno caciarone ho anche scritto i due pezzi di cui, in assoluto, vado più fiero: la recensione de La terra dei figli, l’ultimo capolavoro di Gipi, e una sorta di retrospettiva su Tsutomu Nihei, uno dei miei mangaka preferiti di sempre. Di tutto quello che è stato, è e sarà Dailybaloon di certo questi due pezzi mi rimarranno.
E mi rendo conto che questi due articoloni di cui vado tanto fiero non li avrei potuti scrivere prima di adesso. Se riguardo alla cronologia delle letture di questi ultimi quattro anni non posso che sorridere pensando a quanto si sia evoluto il blog di per sé (che è adesso un luogo quasi accettabile, a rileggere i primi articoli provo quell’imbarazzo che si prova riguardando i vecchi album di foto con te da piccolo) e a quanto sia cambiato io stesso. I miei gusti, così come le mie conoscenze, si sono evoluti in questo periodo passato a chiacchierare di fumetto assieme in un modo che non pensavo possibile. Quando capita, nei momenti di maggior stanchezza, che mi ritrovi a pensare che alla fine non è servito a niente mi dico che, senza Dailybaloon, oggi di certo non sarei – se non la persona – il lettore che sono diventato. E questa cosa mi fa sorridere.

Ma parlando di fumetto, la cosa più grossa e incredibile che mi è capitata quest’anno e che ha totalizzato la mia vita negli ultimi mesi è stata partecipare all’organizzazione della decima edizione di BilBOlbul, il festival del fumetto e dell’illustrazione di Bologna.

Ci sono arrivato quasi per caso, nell’ufficio di Hamelin in via Zamboni sotto i portici di Santa Cecilia, senza sapere cosa ci avrei trovato, come ci sarei entrato, cosa mi sarei trovato a fare. E sono stato risucchiato in un vortice di persone meravigliose e di entusiasta e febbricitante alacrità. Collaborare alla curatela della grossa retrospettiva su Marco Corona, gestire e archiviare le migliaia di fumetti ordinati per il bookshop, lasciar libero di sfogarsi il grammar nazi che è in me, spostare (non senza una certa angoscia) degli assurdi lastroni di vetro; ma anche solo mangiare tutti assieme, o discutere della politica di Frank Miller, o andarsi a prendere una birretta ridendo (amaramente) di quanto fosse brutto quel fumetto che tutto sapevamo essere brutto ma tutti abbiamo letto ugualmente… È stata un’esperienza incredibile che mi ha fatto sentire, come mai prima, parte di qualcosa di davvero bello, di davvero grande, di davvero sentito.
Non posso che ringraziare tutte le persone meravigliose che ho incontrato durante questo percorso, che mi ha fatto capire molte cose e mi sta facendo riflettere su molte altre. Una delle cose che, almeno credo, di aver capito è che questa è la direzione che intendo prendere, il mondo in cui voglio vivere, quello che voglio fare. Così nella fucina di eccitazione, di chiacchiere e di riflessioni che è stata BilBOlbul, cose si sono messe in moto.
Ora, io sono uno che tende a perder la testa partendo per la tangente, con caparbietà spesso poco misurata. Ma ‘sto giro voglio fare le cose per bene. Quindi non mi faccio prendere la mano e non mi lancio in grandi annunci o in dichiarazioni d’intenti, ci sarà tempo per tutto ciò. Ma, ripeto, cose si sono messe in moto. E il prossimo anno si avvicina. È già qui.
L’anno scorso vi avevo lasciato con un augurio fattomi dal mio relatore di tesi. Un augurio che, ancora oggi, trovo splendido: “buon anno nuovo, che sia l’anno giusto”. Per me il 2016 non è stato l’anno giusto, affatto; ma ha visto la fine di un percorso, la nascita di tante amicizie, un turbinio di idee, la fucina di fatica ma anche d’entusiasmo che è stata BilBOlbul; e tutte queste cose assieme mi proiettano verso l’anno prossimo, con tutti i progetti, le incertezze, le speranze, le gioie e le difficoltà che si porterà dietro. Per cui non lo so se il 2017 sarà l’anno giusto. Di certo sarà un anno intenso.
Quindi ragazzuoli, buon anno nuovo. Che sia, se non l’anno giusto, un anno intenso.