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Recensione: Proiettili di Zucchero – A Lollypop or a Bullet

Dunque dunque. Oggi ho finalmente preso coraggio e terminato la lettura di questo manga in 2 volumi. Il titolo è Proiettili di Zucchero – A Lollypop or a Bullet, scritto da Kazuki Sakuraba (autrice anche di Gosick che mi guardo bene dal leggere) e illustrato da Igura Sugimoto (che ha prestato le sue matite anche a Variante, probabilmente sentendo il desiderio poi di fracassarsi la testa contro un muro, e Summer Wars). La Panini sembra avere un debole per queste due autrici (credo che siano donne) dato che tutte le opere sopra citate sono edite in Italia dalla suddetta casa editrice.

Ho deciso di recensire questo manga perché offre, a mio avviso, parecchi spunti di riflessione, alcuni dei quali forse interessanti. Ma cominciamo, come al solito, con la trama. La storia narra di una ragazzina di 13 anni (!) e di come cambia la sua vita quando nella sua classe arriva una nuova compagna che si comporta in modo strano. Le due fanno amicizia, ma la nuova arrivata mette continuamente a dura prova il loro rapporto con comportamenti criptici e inusuali in un crescendo di violenza sia fisica che psicologica. Badate bene. Non intendo violenza sessuale da hentai di bassa lega, né la violenza depravata di Garth Ennis, né l’assurda violenza psicologica di MPD Pshyco. La violenza espressa in quest’opera è più fine e allo stesso tempo più reale: genitori che picchiano i figli, risse tra compagni di classe, la pressione che la famiglia della protagonista opera involontariamente su di lei indirizzandola e privandola  delle scelte. Perché il tutto, alla fine della fiera, è una storia di violenza, ma non aspettatevi di vedere del sangue. Niente di splatter. E questo, devo essere onesto, mi è piaciuto parecchio. Il clima da dramma esistenziale che si respira dall’inizio alla fine è ben scritto e sufficientemente coinvolgente.

E questo mi porta al primo spunto di riflessione. Non so che problema abbiano in questo senso gli scrittori del sol levante. D’altro canto è un difetto che ho trovato anche in altre letture. Ma tutta questa trama ben strutturata, tutta la riflessione interiore che ne consegue (la quale tuttavia non mi ha convinto moltissimo ad essere onesti), è affidata a dei ragazzini di 13 anni. SONO. TROPPO. GIOVANI. Trovo irreale che dei bambini di quest’età si immergano dalla mattina alla sera in ragionamenti filosofico-esistenziali tipo “il mondo è affidato agli adulti, e io per quanto ci provi non potrò cambiare nulla” oppure “ma se la vita è una menzogna, allora le mie sensazioni e il mio dolore non sono reali” o ancora “credevo di essere infelice, ma quando mi sono resa conto dell’infelicità altrui mi sono sentita minacciata, la sua infelicità è più profonda della mia”. Queste turbe sarebbe state infinitamente più credibili se a farsi venire il mal di testa a forza di rimuginarci fossero stati degli adolescenti, non dei ragazzini di prima-seconda media. In realtà è questo che rovina, in parte, il fumetto. Ed è un peccato, perché altrimenti saremmo stati di fronte ad una trama coraggiosa, scritta piuttosto bene, che poteva far ragionare e dare da riflettere. Invece a un certo punto tutto perde in qualche misura di credibilità. Peccato.

Per quanto riguarda i disegni devo dire che sono rimasto parecchio colpito. Avevo provato al tempo a leggere Variante, proprio perché lo stile di disegno di mi affascinava, ma alla fine avevo lasciato perdere. In generale qualcosa non era convincente fino in fondo. Devo ammettere che i tre anni passati tra un’opera e l’altra hanno fatto il loro lavoro: le tavole hanno acquistato spessore, i volti sono parecchio espressivi e i retini sono usati (cosa che accade ben di rado) con cognizione di causa. Lo stile è, in generale, molto pulito ma, a guardar bene, le linee non sono definite perfettamente, come se ogni tratto fosse composto da più segni sovrapposti. Davvero ben fatto.

                              

Il secondo spunto di riflessione che vorrei proporre riguarda più l’edizione che il fumetto in sé, quindi se non siete interessati a questo argomento potete anche saltare il paragrafo (non fatelo). Qualcuno mi spieghi il motivo, il pensiero che è passato per la testa agli editori italiani quando hanno deciso di colorare l’esterno delle pagine di blu per il primo volume e di rosa shocking per il secondo. Davvero. Qualcuno me lo spieghi perché da solo non ci arrivo. Non so se anche l’edizione originale fosse così, in ogni caso questa cosa non ha un minimo di senso. Mi ricorda vagamente quanto accadeva un tempo per i manga di Shinichi Hiromoto, che da chiusi apparivano completamente neri, solo che allora un senso c’era. A parte l’estetica, la scelta calzava bene con lo stile e con il contenuto dei volumi. Ma qui? Non vedo il nesso. I volumi costano 7 euro e 50 centesimi l’uno, per un totale di 15 euro, anche per questa stronzata. Se lo scopo era rendere l’edizione più accattivante ai lettori occasionali il prezzo parla da solo, se era tentare di far qualcosa di diverso dal solito bè, avete toppato alla grande. Messi in libreria i due volumi in questione sono un pugno negli occhi e uno schiaffo alla dignità dell’opera. Chi ha deciso questa cosa dovrebbe vergognarsi. D’altro canto sembra che alla Panini con questo genere di cose ci vadano a nozze, vista la ristampa di Death Note

Ecco. Fine della recensione. A me questo fumetto è piaciuto abbastanza e, tutto sommato, mi ha coinvolto. Se lo leggerete fatelo senza pregiudizi e senza prendere alcune cose troppo sul serio, altrimenti ve lo rovinerete. In ogni caso rimane, a mio avviso, una lettura interessante.

(tutte le immagini appartengono ai rispettivi proprietari)

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