Animal Man, LA serie DC post-reboot

Con il reboot DC sono nate molte testate, sicuramente alcune più meritevoli di altre. La settimana scorsa avevo dato il mio parere positivo su una di queste, Justice League Dark, oggi vorrei proporne una seconda: Animal Man. Questo piccolo capolavoro di Jeff Lemire mi ha davvero colpito. La storia è piuttosto semplice. C’è il Rosso, che è il luogo della carne e della vita animale (almeno così lo intendo io), il cui avatar è la figlia di Buddy Baker alias Animal Man. C’è il Verde, il luogo delle piante e della crescita vegetale, il cui avatar è Alec Holland alias Swamp Thing (testata che a questo punto dovrò recuperare). Poi c’è la Putrefazione, il cui nome parla da solo, il cui avatar non si sa ancora chi sia. Questi tre luoghi, queste tre forze, devono coesistere in equilibrio, ognuna ha bisogno delle altre due per esistere, ma di tanto in tanto una di esse (in questo caso la Putrefazione) cerca di prendere il sopravvento.

Tutto questo gioco di equilibri è scritto talmente bene da essere commovente, con personaggi caratterizzati benissimo e vicende mai scontate. Animal Man, nonostante il nome, è il supereroe più umano di cui abbia mai letto: prima di tutto è un uomo, con dubbi e paure ma anche orgoglio e coraggio, poi è un padre e un marito, con ansie e preoccupazioni ma anche amore, e solo poi è un supereroe, con doveri morali. Non voglio parlare oltre della trama per non rivelare nulla, dico solo che è una delle cose migliori uscite dal reboot DC. Dico davvero.

I disegni poi sono la ciliegina su una torta buonissima. La trama, dall’inizio fino ad ora, ha sempre un che di disturbante, con la Putrefazione e i suoi araldi che avanzano. Lo stile di disegno di Travel Foreman e Dan Green rappresenta benissimo questo aspetto, riuscendo ad essere raccapricciante quando serve e poetico quando serve.

In conclusione, il fatto che questa testata si intersechi con Swamp Thing e con Justice League Dark (come il secondo numero lascia presagire) non può che farmi piacere, si sta creando una specie di microcosmo interno al macro universo DC, microcosmo nel quale però due serie su tre sono spettacolari. Quindi in conclusione, davvero stavolta, questo è davvero un bellissimo fumetto. Buona lettura.

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L’eredità dei sogni

24 agosto 2010. Una delle giornate più nere per il mondo dell’animazione giapponese. In quel periodo cominciava a circolare l’attesa per l’uscita al cinema di Inception, e per prepararmi mi ero rivisto un paio di volte Paprika – Sognando un Sogno, che per molti versi ne anticipa le tematiche. Mi ero rivisto anche Tokyo GodfathersMillennium Actress, e giusto per non farmi mancare niente avevo anche cominciato Paranoia Agent. Tutti dei gran capolavori. Il 24 agosto mi alzo e, girovagando in rete trovo una notiziola passata del tutto inosservata su qualsiasi altro media: Satoshi Kon (autore delle opere di cui sopra) muore improvvisamente per un cancro al pancreas. Se qualcuno mi avesse chiesto, un paio di giorni prima, chi fosse secondo me il più influente e promettente regista in attività di anime avrei senza dubbio risposto lui. E d’un tratto mi sono ritrovato senza quello che a mio avviso è stato il più grande regista di anime degli ultimi vent’anni.

Sono passati quasi 3 anni, e fino a poco fa gli unici manga firmati dal grande regista che si riusciva a trovare in Italia erano La Stirpe della SirenaWorld Apartment Horror. Fino ad ora: la Panini ha preso la coraggiosa decisione di rendere disponibili anche le altre opere di Kon, che in questi mesi troviamo in libreria. Ecco quindi, in ordine, uscire L’eredità dei sogni (di cui parliamo oggi), Seraphim – 266613336 Wings e Opus (che dovremmo vedere il mese prossimo). Con calma parlerò di tutti questi fumetti, a partire con L’eredità dei sogni che, purtroppo, è l’unico che ho qui a Bologna (da dove scrivo) al momento. Quindi cominciamo.

Questo albo enorme raccoglie tutti (credo) i racconti brevi scritti da Satoshi Kon, presentandoceli in grande formato (come alla Panini piace fare ultimamente) e in più di 400 pagine. Un bel malloppo, insomma. Quello che più mi ha colpito di questo volume è la varietà di storie che si trovano al suo interno: si va dallo sci-fi, al post apocalittico, alla commedia scolastica, al comico spensierato. L’autore viaggia tra ognuno degli stili presenti con tale naturalezza da far riconoscere a chiunque il suo valore artistico. Non si ha mai la sensazione che ci sia qualcosa fuori posto, non ci si trova mai a pensare “carino questo racconto, ma non è il suo genere”. Piuttosto mi sono ritrovato più volte a dirmi “questo racconto è bellissimo, NONOSTANTE non sia il suo genere”. Questa eclettica capacità di passare da un tipo di atmosfera ad un altro è invidiabile, e molti “autori” moderni avrebbero un bel po’ da imparare.

Le prime storie, a dir la verità, non mi avevano particolarmente convinto: sembrano troppo corte, tutto è troppo veloce perché il lettore possa capire realmente cosa sta succedendo. Una volta entrati nello stile di scrittura e di disegno, tuttavia, il volume prende il volo e cattura l’immaginazione del lettore come poche altre opere (in particolare di questo genere) sanno fare. Se chi scrive sa scrivere, e questo è vero in particolar modo per i racconti brevi, non servono tante pagine di preamboli per definire ambientazione e atmosfera, in un attimo la trama si avvia e quando finisce ci si chiede se è durata davvero così poco. Mi sono piaciute particolarmente tre storie: L’indomani Mattina, che narra di tre studenti alla vigilia del diploma e ritrae con splendida spensieratezza il loro stato d’animo; KIDNAPPERS, che mi ha ricordato una trama analoga scritta da Inio Asano in What a Wonderful World; e PICNIC, originariamente pubblicata nel libro AKiRA World, quando uscì al cinema il film Akira di cui è uno spin-off. Quest’ultima in particolare è la quintessenza di ciò che un racconto breve dovrebbe essere. Comunica emozioni più che trame, con pochissimi dialoghi ben scritti e poche pagine ben studiate per trascinare il lettore. Splendida. Assolutamente splendida.

Una nota sul racconto di chiusura del volume, Catturato, chi abbia letto AvX e non si sia accorto di quanto la vicenda della fuga dei Vendicatori da Utopia sia simile a questo racconto farebbe bene a leggere meglio.

Infine volevo complimentarmi con la Panini per la superba edizione italiana, nonché per l’eccellente onesta qui dimostrata. Il volume è tradotto magistralmente e contiene numerose note a piè pagina che spiegano tutti i riferimenti linguistici e i giochi di parole che in originale dovevano essere scontati, ma per noi non lo sarebbero stati. Per quanto riguarda l’onestà mi riferisco al fatto che alcuni racconti hanno una qualità grafica decisamente scarsa. In ognuno di questi è spiegato che le tavole originali sono andate perdute, quindi hanno dovuto scannerizzare la rivista su cui erano pubblicati (facendone una fotocopia, in soldoni). Ho molto apprezzato, ma davvero molto, il fatto che li abbiano inseriti lo stesso spigando il motivo della scarsa qualità delle immagini (cosa che avrebbe potuto anche danneggiarli dal punto di vista economico) piuttosto che far finta di niente e non pubblicarli, alla fine dei conti ben pochi lo sarebbero venuti a sapere. Davvero un comportamento ammirevole. Grazie.

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Il lato oscuro della Justice League

È passato un anno spaccato dalla pubblicazione in Italia del reboot DC e ormai quasi un anno e mezzo dalla nascita dell’etichetta RW Lion, ho quindi tutta l’intenzione e dati a sufficienza per affrontare, nei prossimi giorni, un resoconto approfondito di come stanno andando le cose. Non troppo bene, dal mio punto di vista (per quanto riguarda il reboot, la casa editrice mi sta convincendo un sacco). Nel frattempo vorrei parlare un po’ di una serie del New 52 che mi ha particolarmente colpito, in parte perché è davvero ben fatta e in parte probabilmente perché non nutrivo grossissime aspettative. Mi riferisco, come il titolo dell’articolo suggerisce, a Justice League Dark. È finora uscito un solo numero di quest’opera, e già dal prossimo cambierà lo scrittore, ma devo ammettere che nonostante il nome Peter Milligan sia stampato in copertina avevo deciso di non comprarlo. Errore. Non so cosa cosa mi sia preso, a Milligan bisogna dar fiducia. Per chi non lo avesse conosciuto sulle pagine di Hellblazer la testata Lanterne Rosse dovrebbe essere comunque una prova di abilità sufficiente. In ogni caso ho rimediato. E ho fatto bene.

Bisogna ammettere che la DC, almeno nell’ultimo periodo, ha un po’ abbandonato tutti quei personaggi che avevano a che fare con il sovrannaturale. Zatanna è praticamente scomparsa dopo Crisi d’Identità, relegata alle pagine quasi sconosciute in Italia di JSA; John Constantine aveva la sua serie iper-di-nicchia targata Vertigo; Madame Xanadu si è vista chiudere i battenti (con mio sommo dolore); non ricordo da quanto tempo Boston Brand non ha una testata tutta sua. Justice League Dark riunisce tutti questi personaggi, affrontando di conseguenza i temi della magia, dell’ignoto, e tutte quelle minacce che, per loro natura, non sono e non possono essere di competenza della JLA. Bisogna ammettere che quest’albo è un po’ strano, mi ha ricordato vagamente le tipiche sessioni iniziali di un qualsiasi gioco di ruolo in cui il master fornisce al gruppo un pretesto perché diventi effettivamente un gruppo e cooperi ad un fine unitario. E ciò è esattamente quanto accade in queste pagine: Madame Xanadu tira le fila e mette insieme una squadra che, pian piano, comincerà a lavorare assieme. I membri sono Madame Xanadu stessa, Deadman, John Constantine, Zatanna, Shade e Mindwarp; personaggi “pericolosi per loro stessi e per gli altri”. Le vicende sono davvero ben scritte, Milligan è un dannato genio e non si può negare che riesca a tenere il lettore incollato alle pagine fino alla fine. Non vorrei rivelare nulla della trama tranne il fatto che ha almeno due lati molto positivi. Primo. I dialoghi sono davvero ben pensati, la psicologia dei personaggi emerge per bene e non si ha mai la sensazione che qualcuno stia agendo a caso (eccezion fatta per il piccolo intervento della JLA all’inizio). Secondo. Il cattivo del volume (nessuno spoiler, viene detto tipo a pagina 4) è una certa Incantatrice. La stessa incantatrice che compariva in Flashpoint, all’epoca senza motivo. Vuoi a vedere che, dopo più di un anno, questa vicenda lasciata in sospeso verrà ripresa per mano e troverà una sorta di conclusione? Speriamo di si, anche se sono convinto che questa serie non abbia la visibilità che merita e non la riceverà grazie a questo.

Gli eroi mistici che formano la JLD e l’Incantatrice

In conclusione, ottimo albo. Davvero. Vedremo cosa succederà quando lo scrittore diventerà Jeff Lemire (scrittore che comunque ho molto apprezzato in Animal Man) e soprattutto cosa succederà con questa storia dell’Incantatrice, ma sono più che fiducioso. Consigliatissimo.

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Analisi: Mega di aprile 2013 – RW Lion

Con un po’ di ritardo riesco finalmente a scrivere due righe sulle novità RW. Prima di questo, tuttavia, una piccola postilla all’articolo precedente, quello sugli “altri editori”. La deleteria gestione grafica di anteprima mi aveva nascosto un fumetto parecchio interessante targato Bao Publishing. Scott McCloud è uno dei principali teorici del mondo del fumetto, a lui dobbiamo saggi fondamentali (che purtroppo non possiedo) come Capire il Fumetto. Bè, lo stesso Scott McCloud ha scritto pure lui dei fumetti in passato, tanto per dire che sa di cosa sta parlando. La Bao ci propone questo mese Zot, la raccolta in volume della serie di McCloud che scrisse negli anni 80. Sembra davvero interessante, consigliato.

Ma passiamo alla RW. Dopo la pioggia di novità dello scorso mese non mi aspettavo grandi cose da questo numero di Mega, e in effetti non mi sbagliavo. Tolte le usuali serie regolari rimane ben poco di cui parlare. Per essere più precisi le novità su cui vorrei richiamare la vostra attenzione su 5 ristampe illustri.

RISTAMPA numero 1. Batman: Anno Uno, di Frank Miller e David Mazzucchelli. Questo fumetto ha completamente ridefinito, assieme agli altri Batman di Miller, l’immagine dell’uomo pipistrello, nonché il modo di scrivere storie a fumetti in generale. Imprescindibile. Questo albo è troppo bello, troppo importante, ha fatto troppa storia, per essere lasciato sugli scaffali.

RISTAMPA numero 2. Dopo svariati annunci, smentite, posticipazioni, riannunci, riposticipazioni, dovrebbe finalmente uscire il cofanetto che racchiude i tre Batman di Frank Miller, tutti e tre con copertina variant: Anno UnoIl ritorno del Cavaliere Oscuro Il Cavaliere Oscuro colpisce ancora. L’edizione sarà limitata, dicono, a 800 copie e il centinaio d’euro del prezzo di copertina non aiuta, ma chiunque non possieda TUTTI E TRE questi volumi ha il dovere morale di prenderli (scherzo, potete fare quel che vi pare, è solo che sono dannatamente importanti). Nota bene che ho parlato di 3 Batman di Frank Miller. Non 4. 3. All Star Batman e Robin è talmente brutto che facciamo finta di non averlo visto.

RISTAMPA numero 3. Lanterna Verde Rinascita. Esaurito da tempo immemore, questo storie risalgono all’inizio della gestione Johns del crociato di smeraldo, parliamo del 2004. Ho un po’ le idee confuse riguardo a quel periodo, ma grossomodo Hal Jordan era stato posseduto da Parallax e aveva combinato un gran casino. Volume fondamentale per tutti i fan di Lanterna Verde, praticamente l’unica serie DC con una continuity vera e propria, che comincia proprio in quegli anni.

RISTAMPA numero 4. Garth Ennis sta avendo ultimamente, non so se solo qui o in tutto il mondo, un boom di successi del tutto senza senso. Ho perso il conto di quante serie sue, o basate su suoi progetti, siano attualmente in corso in Italia; comunque dev’essere l’autore attualmente più pubblicato o giù di lì. In ogni caso torna disponibile Preacher, in 3 maxi volumi da 800 pagine (quelli Planeta, per capirci). Di certo è una delle serie Vertigo più importanti, e se vi piace Ennis questi albi sono da recuperare.

RISTAMPA numero 5. Authority Presenta: Coup d’Etat. Ed Brubaker e Jim Lee. Non ho altro da aggiungere.

Fine delle novità, per questo mese è tutto. Ci vediamo il mese prossimo, sperando sia un po’ più prolifico. Intanto buona lettura, con tutto quanto annunciato il mese scorso ce n’è abbastanza per un bel po’.

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Blame Academy! And so On, la perizia grafica di Tsutomu Nihei

In attesa di avere il tempo di riprendere per bene in mano la bibliografia di Tsutomu Nihei e farne un’analisi approfondita, mi tolgo uno sfizio parlandovi di questo manga. Piccola introduzione. Nihei è uno dei mangaka che preferisco in assoluto e lo reputo uno dei migliori disegnatori di fumetti al mondo. A mio avviso, dal punto di vista grafico, non ha nulla di meno dei grandissimi artisti americani come Jim Lee o Alex Ross o Dave McKean, e non ha nulla di meno dei più grandi disegnatori giapponesi come Hirohaki Samura, Takehiko Inoue o Yu Kinutani. Purtroppo, complice anche una pessima traduzione italiana della sua opera prima (Blame), è passato alla storia come un bravo disegnatore che però scrive delle cose senza senso. In parte questo è vero, le trame sono sempre molto complicate e sono narrate in modo talmente criptico da risultare quasi incomprensibili, in più non si è mai capito se le varie opere di questo autore siano collegate o meno: presentano dei punti in comune e, in alcuni casi, sembrano esserci riferimenti ad altre storie, ma il tutto è poco più di un accenno. La cosa che davvero mi affascina del grande Nihei, oltre ovviamente ai superbi disegni, sono le atmosfere che riesce a creare. Anche se la trama risulta di difficile comprensione, essa scorre davanti agli occhi del lettore trascinandolo più con sensazioni ed ambientazioni che con dialoghi e testi. Possono passare pagine, alle volte capitoli interi, senza che ci sia una sola riga di testo e questo amplifica la sensazione di solitudine in cui spesso i protagonisti sono immersi senza, tuttavia, fermare del tutto il susseguirsi degli eventi che, pur avvenendo in silenzio, comunque avvengono.

Blame Academy! And so On è una raccolta di racconti brevi che prende il suo titolo dallo spin-off di Blame in versione scolastica presentato come secondo racconto del volume. L’opera è edita da Panini, è un volume unico, e considerando che è interamente a colori costa discretamente poco (7,90€). Il volume non contiene proprio tutti i racconti brevi di Nihei, alcuni sono inediti in Italia mentre un altro paio sono stati pubblicati anni che furono all’interno dell’ormai irrecuperabile Noise; in ogni caso abbiamo per le mani una stupefacente antologia.

Partiamo dalla copertina. Già qui si intuisce l’infinita bravura nel disegno dell’autore: l’immagine è intrisa degli elementi cyberpunk che caratterizzano la sua intera produzione, strizzando però l’occhio anche al genere “robottoni”. Quello che davvero mi fa impazzire di quest’immagine, tuttavia, è quell’accenno di fan service tipico della commedia scolastica giapponese che trasporta immediatamente l’attenzione dalla cabina di pilotaggio sullo sfondo alla protagonista in divisa scolastica, definendo allo stesso tempo il mix di atmosfere presenti nello spin-off di cui parlavo prima. A mio avviso questa tavola ben rappresenta il talento di Nihei, che va oltre la semplice bravura nel disegno, ma arriva alla caratterizzazione, all’atmosfera, alla costruzione delle tavole.

Proseguiamo. Gran parte del volume presenta appunto questa rivisitazione scolastica di Blame, ma non c’è solo questo. Alcuni racconti sono ambientati nel cyber-dungeon stesso e presentano le tipiche architetture mirabolanti a cui siamo abituati. Nessun autore prima di questo era riuscito, in così poco spazio, a ricreare la sensazione di profondità, di immensità, di vuoto che si ha leggendo questi racconti. Sarebbe incredibile se, in futuro, qualcuno si prendesse l’onere di stampare queste tavole in grande formato, così da poterne apprezzare a fondo ogni dettaglio, anche se probabilmente i costi di questa operazione sarebbero fuori di testa. Un racconto in particolare, tuttavia, mi è rimasto impresso. Si intitola Pompa (non c’è nulla da ridere) e si compone di 6 facciate che staccano completamente dal resto del volume: qui non ci sono megastrutture, edifici giganteschi o spazi angusti che sfociano in voragini infinite, ma soltanto uno sconfinato deserto rosso.  Chiaramente il tutto è così compresso che non posso in nessun modo parlare della trama senza rivelare troppo, ma nonostante il tono fortemente ironico della narrazione questa è una delle più belle produzioni di fantascienza o, se proprio vogliamo, di narrativa post-apocalittica con cui abbia avuto a che fare.

Insomma. Potrei parlare di questo albo all’infinito. Come si sarà capito questo autore mi manda fuori di testa, quindi è meglio che mi fermi qui. Non metto altre immagini perché credo che vedere vignette di questo livello in scansioni su uno schermo da computer non renda loro giustizia. Comunque se proprio volete non sono difficili da trovare in rete. Concludo consigliandovi questo volume, rientra in quella categoria di opere che bisogna leggere almeno una volta nella vita, come il resto della bibliografia di Tsutomu Nihei, del resto.

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Analisi: Anteprima di aprile 2013: Altri editori

Dato che Mega non è ancora arrivato continuiamo, si fa per dire, l’analisi delle novità passando agli altri editori. Si fa per dire perché c’è davvero davvero poco. E a questo punto sarebbe seriamente il caso di farsi delle domande. La sezione Star Comics è implosa su se stessa e questo mese non solo non ci sono serie nuove (cosa che di per sé non è nemmeno un male) ma tutte, e dico tutte, le testate annunciate mi fanno storcere il naso. Ci troviamo di fronte a 8 sugose facciate di nulla cosmico. Io capisco che il genere “shonen alla Jump” attiri molti lettori, con i suoi One PieceFairy Tail, ma c’era un tempo nel quale accanto a queste pubblicazioni non propriamente brain-intensive si riusciva a trovare uno spazietto per proporre qualcosa di diverso. Qualcosa per un pubblico un filino più smaliziato, che si era fatto la sua cultura shonen quando aveva quattordici anni e ora voleva leggere opere anche solo vagamente più mature. E quindi qua e là spuntavano fumetti come Otaku Club Genshiken, NarutaruGenkaku Picasso, giusto per non andare troppo troppo indietro. Ecco, quel tempo evidentemente è finito. La Star non comincia nessuna nuova serie di questo tipo da ormai non ricordo quanto tempo e, quel che è peggio, data la lunghezza dei tempi editoriali delle serie già in corso praticamente un mese su due è del tutto privo di contenuti in questo senso. Personalmente credo che, se da un lato attirare i ragazzini con le “letture facili” porta guadagni immediati, dall’altro bisognerebbe puntare anche sui lettori dalle abitudini più stabili e dalla maggior coscienza critica che, in alcuni casi, vorrebbero ogni tanto concedersi un manga più impegnativo. Non so se sbaglio. Ditemelo voi.

C’è poi un volume unico targato Flashbook intitolato Non ucciderò più le uova, di un certo (o una certa, non sono sicuro) Ayuko. A pelle sembra interessante ma non sapendo nulla sull’autore o sul contenuto vi racconto un aneddoto. Il titolo di questo volume mi riporta alla mente un racconto che lessi svariati anni fa in un altro fumetto Flashbook intitolato Deja-Vu, A Great Love Story. Questo fumetto coreano era anch’esso una raccolta di 4 storie brevi, scritte ognuna da una persona diversa; a ogni racconto era associata una stagione e un epoca storica e narrava, fondamentalmente, l’evoluzione di una stessa storia d’amore al passare del tempo. In fondo all’albo c’erano poi due capitoli one-shot aggiuntivi uno dei quali, Utility, presentava delle atmosfere vagamente disturbanti e si apriva con un giovane che gettava pulcini dalla finestra per vedere se qualcuno imparava a volare (la risposta ovviamente è no) e finiva con lui che comprava altri pulcini per proseguire l’esperimento. Non ha molto a che fare con questo nuovo fumetto, mi è venuto in mente così.

Per concludere, vorrei focalizzare l’attenzione su una piccola immagine, una piccola notizia, che sicuramente molti non hanno notato a causa della deleteria impaginazione riservata alle “case editrici minori”. Nella sezione Bao Publishing compare la copertina del secondo volume di Saga, di Brian K. Vaughan e Fiona Staples. Ecco, se vi siete per caso persi il primo volume di questo capolavoro, recuperatelo. Se siete stati diligenti e lo possedete già, gioite: sta per uscire il secondo.

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Analisi: Anteprima di aprile 2013 – Panini

Anche questo mese Mega tarda ad arrivare sugli scaffali, quindi si parte con le novità Panini. Devo ammettere che quest’Anteprima è davvero scarna di contenuti, quindi cercherò di essere breve e risparmiare spazio per parlare d’altro. E con altro intendo Marvel Now!.

Cominciamo dall’editoriale, che pone giustamente l’attenzione su una nuova serie Bonelli che purtroppo non ho ancora avuto il tempo di recensire. Questa serie si intitola Le Storie, e si compone di albi autoconclusivi dal taglio storico. Sono usciti, ad ora, 7 volumi (l’ultimo non ce l’ho ancora) che spaziano da dalla Rivoluzione Francese, alla caduta del Muro di Berlino passando per il proibizionismo e per l’età coloniale inglese. A grandi linee posso dirvi che la serie merita molto e che quasi tutti i numeri usciti finora mi sono piaciuti. Vorrei porre l’accento, però, sulla strategia commerciale bonelliana (casa editrice che, francamente, non è esattamente nelle mie grazie): se nelle edicole e nelle fumetterie con licenze da edicola siamo al numero 7, perché nei circuiti normali e in Anteprima di questo mese è annunciata come novità l’uscita del numero 3? L’impressione che ho io è che la Bonelli, nella sua infinita arroganza, snobbi i circuiti ordinari di distribuzione, tanto non ne ha bisogno. Magari mi sbaglio.

Comunque. Novità. La novità più grossa (che la dice lunga sul contenuto di questo mese) è un cambio di grafica della rivista stessa, che rende quasi impossibile capire qualcosa. Ma andiamo avanti. Le testate Marvel Now! annunciate questo mese sono: I Nuovissimi X-Men di Brian Michael Bendis e Stuart Immonen che, nonostante abbia collaborato alla stronzata del secolo Fear Itself, è un disegnatore niente male; Fantastici Quattro, che per l’occasione sfoggiano un nuovo team composto da She-Hulk, Ant-Man, Medusa e Miss Cosa (?); forse Devil ma non ho capito, testata che peraltro comincerà ad ospitare un nuovo e finalmente figo gruppo di Thunderbolts; Thor e infine Capitan America illustrato dal grande John Romita Junior. Il resto, per quanto riguarda l’universo Marvel, si riduce alle usuali testate regolari e a qualche speciale, sul mondo X-Men.

La sezione Panini Comics riserva qualche sorpresa in più. Sigfried sembra interessante ma gli editori dovranno seriamente rivederne il costo: 96 pagine a 16,90€ è un furto, il lato divertente è che sopra l’immagine hanno pensato bene di scriverci “96 pagine a un prezzo speciale!”, bah. Poi c’è sta roba intitolata Mutafukaz, il cui unico commento è “Yo!”, e la cui descrizione comincia con una domanda. “È possibile mischiare hip-hop, lottta libera messicana e fantascienza in stile anni 50?” La mia personale risposta è “francamente speravo di no”. Poi ci sono una nuova serie di Garth Ennis, Dicks, e un nuovo albo noir della coppia Ellis-Burrows, Cicatrici. Ma i must di questo mese sono Supercrooks di Mark Millar e Lenil Yu, in cui dei supercriminali emigrano in Spagna dove la densità di eroi mascherati è minore, e l’omnibus Gea di Enoch, se vi piace il fumetto italiano d’autore.

Per quanto riguarda i manga le novità interessanti sono 3: Ichi the Killer, manga dall’autore di Homunculus da cui Takahashi Miike ha tratto l’omonimo film; 6000 Rokusen, che dovrebbe essere una specie di horror claustrofobico ambientato in fondo al mare; nonché la riedizione di Trigun, vero must-have per chiunque non ce l’abbia già. Non fatevi poi sfuggire i nuovi numeri di Dogs, di Knights of Sidonia e soprattutto di Evangelion Collection.

Alla fine mi sono dilungato lo stesso, quindi sarò breve (per il momento) su Marvel Now!. Per la prima volta da quando scrivo mi trovo quasi d’accordo con MML, che da mesi prova a convincerci che l’imminente reboot Marvel non è un reboot. D’accordo. Mi ha quasi convinto. Solo che lui la intende in maniera positiva, io no. Mi spiego. Tutte le testate si azzerano e ripartono da 1, cambiano i team di supereroi nonché i team creativi. Questo si dice “fare un reboot”. Tuttavia non viene cancellata la continuity precedente. Questo si dice “non avere le palle”. E si dice anche “attirare il neofita” con le false promesse di quell’1 stampato in copertina. Per concludere, mi sembra che attualmente Marvel Now! serva soltanto a farci comprare una svalangata di cover variant e affini, ma magari mi sbaglio.

 

Planetes, rifiuti nello spazio. Ma non solo

È tempo di una nuova recensione, e a fagiolo capita che ho appena finito di leggere la ristampa in grande formato di Planetes, di Makoto Yukimura. Su questo fumetto si può fare più di una riflessione, mi è parso interessante sotto molti punti di vista, quindi cominciamo.

Esiste un genere di manga, di gran moda negli anni 80, che non è del tutto corretto definire sci-fi ma che è più simile alla fantascienza classica, stile Asimov per capirci, a cui Planetes alla fine della fiera appartiene. La cosa strana è che per qualche ragione tale genere è sempre stato visto, e si è sempre posto, come lettura “per adulti”. Non “per adulti” nel senso classico del termine, badate bene, non c’è iperviolenza né sesso sfrenato. “Per adulti” perché sono quasi sempre letture impegnative, con molti dialoghi o molti silenzi, e con una grafica vecchio stile: tutto questo le rende poco appetibili ai giovani che cercano sempre più spesso narrativa veloce, ricca di colpi di scena, ma sostanzialmente con poco contenuto. Di recente, tuttavia, capita che escano titoli fantascientifici dedicati a un pubblico più eterogeneo e, generalmente, con meno pretese: Planetes è uno di questi. La trama è piuttosto semplice. Hachirota Hoshino lavora come raccoglitore di detriti che orbitano attorno alla Terra, lavoro che peraltro tra qualche anno esisterà davvero, con il sogno di comprarsi una sua astronave. Da questo punto di partenza la trama scorre dolcemente e senza forzature con vari capitoli che analizzano la storia dei comprimari o la situazione politica terrestre, in un crescendo di situazioni che porterà il protagonista su Giove. Mi è piaciuto molto il coraggio dell’autore nel lasciare in secondo piano, di quando in quando, i personaggi principali per narrare episodi collaterali che, in una visione d’insieme, definiscono e aggiungono credibilità al mondo in cui avviene la narrazione. Di tanto in tanto ci saranno dei lunghi flashback dedicati ai vari personaggi secondari che ci faranno meglio apprezzare il loro comportamento nel presente, oppure cambi di focus per farci capire diverse opinioni su eventi particolarmente importanti (attentati, incidenti, opportunità). Nonostante si tratti di un’opera piuttosto corta, l’edizione Deluxe in 3 volumi raccoglie i 4 tankobon originali, arrivati alla fine si ha l’impressione di essere riemersi da un’universo organico, vivo e coerente.

Il disegno non mi è piaciuto particolarmente. Non è che sia brutto, intendiamoci, e negli ultimi tempi mi sto pure abituando a standard piuttosto bassi, è che dall’autore di Vinland Saga mi aspettavo un qualcosa di più. I personaggi sono comunque espressivi, ma la loro caratterizzazione è piuttosto blanda e, cosa che non ho sopportato, cambia man mano che l’opera prosegue: non sono riuscito a capire il motivo per cui Hachirota è biondo nel primo capitolo, mentre ha i capelli scuri dal secondo in poi. Il fatto poi che venga chiamato alle volte Hachimaki e alle volte Hachirota non capisco se sia un errore di traduzione o se sia voluto. Tornando al disegno, lo stile guadagna molti, moltissimi punti se ci focalizziamo sugli sfondi e sul design delle astronavi: davvero ben fatti.

Qualche nota sull’edizione italiana. Chi segue questo blog da un po’ di tempo avrà ormai intuito la mia avversione per queste riedizioni, tuttavia in generale è un bene che un fumetto esaurito ritorni disponibile. Se la ristampa però viene venduta come edizione “deluxe”, in grande formato (peraltro vagamente scomodo da tenere in mano) e dal costo considerevole, mi aspetto una qualità proporzionata. Non è esattamente questo il caso. C’è una scena in cui i personaggi parlano lingue differenti ma, invece che usare l’italico per l’inglese e i caratteri normali per il giapponese come si usa di consueto, qui si usano gli stessi caratteri mettendo alla fine di ogni baloon tra parentesi “in inglese” o “in giapponese”, davvero insopportabile. Come è davvero insopportabile la specie di corsivo usato nei dialoghi di sfondo o nelle scritte fuori baloon, che in certi punti è addirittura di difficile comprensione. Ma la cosa che più mi ha infastidito sono le pagine a colori. Ogni capitolo del fumetto, ad eccezione dei capitoli da 21 a 24, inizia in originale con delle pagine a colori. Queste sono tutte riproposte nell’edizione italiana, eccezion fatta per il capitolo 2 dove le suddette pagine sono in bianco e nero presentando così quella specie di scala di grigi sfumata tipica di quando una cosa a colori viene stampata in bianco e nero. Allora. per come la vedo io se ti prendi la briga di stampare un fumetto come questo (vagamente di nicchia, stando ai dati di vendita) in un edizione di lusso, mettendoci le pagine a colori, lo devi fare per tutte, non puoi saltarne qualcuna. Così sembra proprio che sia una dimenticanza dovuta a scarsa attenzione (o poca professionalità, ma non credo sia questo il caso) che affossa il valore dell’edizione. Peccato.

In ogni caso mi sento davvero di consigliare questo fumetto a tutti. Ma proprio tutti. Trovo che possa essere un ottimo ponte tra gli shonen leggerini che ultimamente vanno per la maggiore e qualcosa di un po’ più complicato; senza essere, allo stesso tempo, una lettura troppo impegnativa. I 3 albi di questa ristampa scorrono via molto leggeri e sapranno coinvolgervi con il loro mix di realismo, fantascienza e personaggi a metà tra caricature e persone reali. Davvero molto molto ben fatto.

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The Fucking Frogman, senza parole

Immagine di copertina, dalla pagina DeviantArt di Marco Pagnotta, colorista. Visitatela, mi raccomando!

Sono finalmente riuscito a procurarmi gli altri due albi targati BookMaker Comics di cui parlavo qualche tempo fa nella recensione di Nerd BashThe Fucking Frogman Land of the Brave. Di quest’ultimo parleremo tra un po’, vi anticipo solo che fra i tre era quello in cui riponevo più speranze e, allo stesso tempo, quello che mi è piaciuto meno (nonostante i presupposti siano interessanti e abbia tutta l’intenzione di continuare a seguirlo). Oggi parliamo dell’altro. Oggi parliamo dell’Uomo Rana. Del fottuto Uomo Rana.

Sono rimasto completamente spiazzato da questo fumetto. Ad esser sincero l’idea non mi dispiaceva ma non riuscivo a capire come potesse uscirne qualcosa di interessante. Questo fino a quando non l’ho comprato, e sfogliato. E letto. Questo fumetto è fottutamente epico. Inizio scusandomi per il linguaggio grezzo di quest’articolo, il fatto è che è il fumetto stesso ad esser scritto così, volevo adattarmi un po’. Dicevamo. Epico. L’incipit è ai limiti della genialità, e fomenta il lettore catapultandolo in questo strambo mondo il cui supereroe è uno sciroccato (sembra) che va in giro travestito da rana.. Non si sa perché lo faccia. Il protagonista era un semplice soldato in missione in Afghanistan, dove qualcosa di tragico ha mutato la sua coscienza fino a farlo diventare (per usare le parole di Anteprima) una specie di ecoterrorista. L’albo presenta vari flashback che cominciano a delineare la storia passata del nostro eroe ma siamo solo all’inizio e, come specificato nell’introduzione, non è ancora giunto il momento di sapere tutta la verità. Ma, sempre come scritto nell’introduzione, poco importa. Abbiamo altro a cui pensare: un pazzo vestito da uccello sta avvelenando i poveri pennuti per qualche torto che ha subito dagli uccelli stessi. Il risultato è che piovono volatili. Quindi un altro pazzo vestito da rana deve intervenire.

Il problema principale di quest’albo è, come nel caso di Nerd Bash, il formato. Le 23 pagine che compongono questo primo numero scorrono via velocissime, e questo è positivo da un lato perché significa che la narrazione funziona, ma allo stesso tempo si ha la sensazione di aver letto troppo poco, e il mese che ci separa dal numero 2 è lento a passare. Temo che questa dilatazione dei tempi possa influire sulla fruibilità e sulla piacevolezza dell’opera, anche se comprendo le difficoltà legate a disegnare più pagine in un mese. In ogni caso, rispetto alla storia dei nerd, qui ci troviamo di fronte ad un problema opposto: se in Nerd Bash le prime pagine erano colme di espedienti che rendevano il numero uno una sorta di antipasto per far partire la storia vera e propria, The Fucking Frogman si lancia a capofitto nella narrazione, che parte velocissima tanto da spingermi a chiedermi quanto questo ritmo potrà durare. Ho fiducia negli autori, quindi spero per un bel po’, se così fosse avremmo per le mani un piccolo capolavoro.

A leggere le avventure dell’Uomo Rana si ha l’impressione di avere per le mani l’opera di un Garth Ennis un filo più posato, e questo mi piace molto: nonostante l’uso costante di termini “volgari” e “parolacce” (del tutto in linea con il tono della narrazione) e nonostante la presenza assidua di scene violente o al limite del verosimile, non si ha mai l’impressione che una scena sia stata inserita forzatamente. L’iperviolenza di Ennis, soprattutto nelle sue ultime opere (qualcuno legge Crossed?), alle volte, per non dire spesso, risulta fastidiosa e forzata, come se l’autore sentisse in un qualche modo il morboso bisogno di sconvolgere il lettore esagerando costantemente, passando sempre il limite, anche a scapito del buon senso. Qui non è così, e non posso che complimentarmi con Massimo Rosi e con Matteo Gerber, gli scrittori, per non aver ceduto alla tentazione di strafare in maniera innaturale. Anche i disegni di Mario Cocciolone mi sono piaciuti parecchio: lo stile vagamente deformed dei personaggi ben si adatta alla trama e le tavole sono dinamiche e animate al punto giusto, anche se un paio di vignette mi sono risultate poco chiare. Il character design è semplicemente splendido e non dirò altro a riguardo.

Che altro dire? Mi sono veramente entusiasmato nel leggere questo fumetto. Ha pienamente ripagato la fiducia che avevo riposto nella nascente BookMaker Comics, facendomi divertire con qualcosa di insolito: era un po’ che cercavo qualche fumetto “indie” (passatemi il termine) davvero ben fatto, ed eccolo qua. Alcuni dubbi rimangono, per carità: sul costo e sul formato degli albi e sui tempi editoriali di pubblicazione, nonché sulla distribuzione (ho davvero faticato a trovare questi fumetti io che li stavo cercando, credo che sia difficile per il lettore occasionale imbattercisi per caso). Ma su tutti questi problemi, almeno per ora, sono più che disposto a passar sopra considerando la giovanissima età della casa editrice. In ogni caso, questo fumetto è fottutamente consigliato. Cercatelo, compratelo e soprattutto leggetelo.

(tutte le immagini appartengono ai rispettivi aventi diritto)

Midnight Nation, storia di un viaggio

Copertina dell’edizione italiana

Date le continue richieste (e dato che di recente ho recensito soltanto manga) mi vedo costretto a recensire un’opera del nostro J. Michael Straczynski. La graphic novel (passatemi il termine) di cui vorrei parlare quest’oggi si intitola Midnight Nation, edita da Panini Comics che di recente ha reso disponibile una nuova edizione (strano eh?) in formato Omnibus. Badate bene, non Omnibus come i grandi volumi a coi siamo abituati ad attribuire questo termine, bensì nel senso di raccolta in volume unico contenente tutta la trama principale più un capitolo speciale alla fine. L’edizione in realtà non è nulla di che: non che sia brutta per carità, e nemmeno particolarmente costosa (anzi, data la mole 25 euro non sono neanche troppi); solo che non è proprio un volume bello, né per l’immagine di copertina la cui scelta poteva essere migliore, né per dettagli tipografici tipo qualità di carta eccetera. Comunque passiamo oltre.

La trama è parecchio incasinata ed è molto difficile raccontarla senza fare troppi spoiler. David è un poliziotto che, durante un’indagine per omicidio, comincia a notare qualcosa di insolito ma, purtroppo, finisce in coma. Quando si risveglia scopre di essere finito, come gli viene successivamente detto, “tra le crepe”, una sorta di mondo nel mondo in cui tutti sono come invisibili alle persone normali. Chiunque si trovi lì è lì per un motivo che, in qualche modo, lo ha reso invisibile o insignificante agli occhi della gente comune. Comunque. Ci sono delle specie di entità cattive, dal character design piuttosto blando a dir la verità, detti “gli Uomini” che sembrano aver rubato l’anima al povero David, che ha grossomodo un anno di tempo per recuperarla o diventare come loro. Comincia così un lungo viaggio a piedi attraverso gli Stati Uniti (quelli tra le crepe, però) in compagnia di Laurel, la sua guida. L’inizio, seppur intrigante nell’idea, si porta costantemente dietro una sorta di sensazione di già visto e il appare subito per quello che è: un pretesto messo giù in maniera nemmeno troppo velata per giustificare la parte centrale del racconto. Ed è proprio in questa parte centrale, in cui David e Laurel si mettono in viaggio, che l’opera comincia a prendere corpo per diventare parecchio interessante. I due imparano, pian piano, a conoscersi e poco alla volta il lettore scopre dettagli sul loro passato e sul passato degli altri personaggi che si incontrano lungo la strada. Il tutto intriso da un vago fascino da lettura “On the Road” che non guasta mai. Peccato per il finale che, per essere onesto, non mi ha convinto fino in fondo: il finale vero e proprio è piuttosto banale, mentre le pagine in cui tutto viene spiegato e nelle quali l’intera vicenda dovrebbe essere spiegata sono complicate e criptiche a sufficienza da obbligare a una seconda lettura.

I disegni di Gary Frank non sono al massimo delle sue possibilità e il suo stile, a mio avviso, non si adatta perfettamente alla trama e all’atmosfera, ma nulla di sconcertantemente sbagliato. In definitiva questo fumetto è davvero insolito, come la maggior parte dei fumetti di Straczynski (autore che personalmente trovo parecchio interessante): comincia in maniera abbastanza banale per finire con un accelerazione nel ritmo molto marcata che porta ad un finale al contempo scontato e criptico. Ma è nella parte centrale, come già detto, che la trama decolla. Qui il ritmo è impeccabile, i dialoghi davvero ben scritti. In queste pagine il lettore si immerge pian piano nel mondo attraversato da David e ne condivide il graduale cambiamento interiore ed esteriore comprendendo poco alla volta la complessa realtà del mondo “tra le crepe” e la psicologia dei vari comprimari (alcuni dei quali davvero molto azzeccati). A mio avviso il fumetto merita parecchio (anche se forse limitatamente a questa parte): è una lettura intensa, ma scorre via senza difficoltà trascinando il lettore nella comprensione dei personaggi. Consigliato? Tutto sommato direi di sì: se siete consapevoli dei pregi e dei difetti di quest’opera non potrà che coinvolgervi e piacervi. In caso contrario potreste rimanere delusi. Dico potreste perché io l’ho comprata a scatola chiusa e, alla fine, non mi è dispiaciuta affatto. Provare per credere.

(tutte le immagini appartengono ai loro rispettivi proprietari)