È tempo di una nuova recensione, e a fagiolo capita che ho appena finito di leggere la ristampa in grande formato di Planetes, di Makoto Yukimura. Su questo fumetto si può fare più di una riflessione, mi è parso interessante sotto molti punti di vista, quindi cominciamo.
Esiste un genere di manga, di gran moda negli anni 80, che non è del tutto corretto definire sci-fi ma che è più simile alla fantascienza classica, stile Asimov per capirci, a cui Planetes alla fine della fiera appartiene. La cosa strana è che per qualche ragione tale genere è sempre stato visto, e si è sempre posto, come lettura “per adulti”. Non “per adulti” nel senso classico del termine, badate bene, non c’è iperviolenza né sesso sfrenato. “Per adulti” perché sono quasi sempre letture impegnative, con molti dialoghi o molti silenzi, e con una grafica vecchio stile: tutto questo le rende poco appetibili ai giovani che cercano sempre più spesso narrativa veloce, ricca di colpi di scena, ma sostanzialmente con poco contenuto. Di recente, tuttavia, capita che escano titoli fantascientifici dedicati a un pubblico più eterogeneo e, generalmente, con meno pretese: Planetes è uno di questi. La trama è piuttosto semplice. Hachirota Hoshino lavora come raccoglitore di detriti che orbitano attorno alla Terra, lavoro che peraltro tra qualche anno esisterà davvero, con il sogno di comprarsi una sua astronave. Da questo punto di partenza la trama scorre dolcemente e senza forzature con vari capitoli che analizzano la storia dei comprimari o la situazione politica terrestre, in un crescendo di situazioni che porterà il protagonista su Giove. Mi è piaciuto molto il coraggio dell’autore nel lasciare in secondo piano, di quando in quando, i personaggi principali per narrare episodi collaterali che, in una visione d’insieme, definiscono e aggiungono credibilità al mondo in cui avviene la narrazione. Di tanto in tanto ci saranno dei lunghi flashback dedicati ai vari personaggi secondari che ci faranno meglio apprezzare il loro comportamento nel presente, oppure cambi di focus per farci capire diverse opinioni su eventi particolarmente importanti (attentati, incidenti, opportunità). Nonostante si tratti di un’opera piuttosto corta, l’edizione Deluxe in 3 volumi raccoglie i 4 tankobon originali, arrivati alla fine si ha l’impressione di essere riemersi da un’universo organico, vivo e coerente.
Il disegno non mi è piaciuto particolarmente. Non è che sia brutto, intendiamoci, e negli ultimi tempi mi sto pure abituando a standard piuttosto bassi, è che dall’autore di Vinland Saga mi aspettavo un qualcosa di più. I personaggi sono comunque espressivi, ma la loro caratterizzazione è piuttosto blanda e, cosa che non ho sopportato, cambia man mano che l’opera prosegue: non sono riuscito a capire il motivo per cui Hachirota è biondo nel primo capitolo, mentre ha i capelli scuri dal secondo in poi. Il fatto poi che venga chiamato alle volte Hachimaki e alle volte Hachirota non capisco se sia un errore di traduzione o se sia voluto. Tornando al disegno, lo stile guadagna molti, moltissimi punti se ci focalizziamo sugli sfondi e sul design delle astronavi: davvero ben fatti.
Qualche nota sull’edizione italiana. Chi segue questo blog da un po’ di tempo avrà ormai intuito la mia avversione per queste riedizioni, tuttavia in generale è un bene che un fumetto esaurito ritorni disponibile. Se la ristampa però viene venduta come edizione “deluxe”, in grande formato (peraltro vagamente scomodo da tenere in mano) e dal costo considerevole, mi aspetto una qualità proporzionata. Non è esattamente questo il caso. C’è una scena in cui i personaggi parlano lingue differenti ma, invece che usare l’italico per l’inglese e i caratteri normali per il giapponese come si usa di consueto, qui si usano gli stessi caratteri mettendo alla fine di ogni baloon tra parentesi “in inglese” o “in giapponese”, davvero insopportabile. Come è davvero insopportabile la specie di corsivo usato nei dialoghi di sfondo o nelle scritte fuori baloon, che in certi punti è addirittura di difficile comprensione. Ma la cosa che più mi ha infastidito sono le pagine a colori. Ogni capitolo del fumetto, ad eccezione dei capitoli da 21 a 24, inizia in originale con delle pagine a colori. Queste sono tutte riproposte nell’edizione italiana, eccezion fatta per il capitolo 2 dove le suddette pagine sono in bianco e nero presentando così quella specie di scala di grigi sfumata tipica di quando una cosa a colori viene stampata in bianco e nero. Allora. per come la vedo io se ti prendi la briga di stampare un fumetto come questo (vagamente di nicchia, stando ai dati di vendita) in un edizione di lusso, mettendoci le pagine a colori, lo devi fare per tutte, non puoi saltarne qualcuna. Così sembra proprio che sia una dimenticanza dovuta a scarsa attenzione (o poca professionalità, ma non credo sia questo il caso) che affossa il valore dell’edizione. Peccato.
In ogni caso mi sento davvero di consigliare questo fumetto a tutti. Ma proprio tutti. Trovo che possa essere un ottimo ponte tra gli shonen leggerini che ultimamente vanno per la maggiore e qualcosa di un po’ più complicato; senza essere, allo stesso tempo, una lettura troppo impegnativa. I 3 albi di questa ristampa scorrono via molto leggeri e sapranno coinvolgervi con il loro mix di realismo, fantascienza e personaggi a metà tra caricature e persone reali. Davvero molto molto ben fatto.
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