Considerazioni preliminari su Marvel Now!

È da pochissimo uscito questo volume dal titolo incredibilmente altisonante Marvel Now! Prologo – l’inizio di una nuova era. Dato che il reboot Marvel è l’hot topic del momento volevo spendere due parole preliminari sull’argomento partendo da questo volume che, devo ammettere, non mi è dispiaciuto troppo. Intendiamoci: non è nulla di che, non aspettatevi da questa cinquantina di pagine nulla di più di un insieme (ristretto ad essere onesti) di anteprime tenute insieme da un collante un po’ scontato. Però per essere un’anteprima è fatta bene, e suscita interesse nei punti giusti. Quindi diamo un’occhiata generale, partendo dalla copertina.

La copertina presenta un po’ tutti i personaggi che faranno parte del reboot, e bisogna ammettere che alcuni sono davvero ben caratterizzati. Togliendo quelli uguali al solito, Cap, Spidey et al, ci sono: Cable in versione carnosa; Iron Man con l’armatura figa; il nuovo Nova; Thor costume nuovo che qui sembra figo ma sulla sua testata insomma e soprattutto Ciclope, con il costume più bello della sua carriera, sicuramente non convenzionale né classico, ma di grande impatto. Finalmente riescono a dare al mutante un costume che non sia una tutina. Figo davvero.

Ora parliamo di contenuti. Il collante di cui parlavo prima è: c’è un tizio che viene dal futuro. E cosa fa un tizio che viene dal futuro? Quello che farebbe chiunque se venisse dal futuro, gioca in borsa fino a farsi arrestare dallo S.H.I.E.L.D. che lo fa parlare con il nuovo Nick Fury e con il nuovissimo agente Coulson, messi lì per due soli motivi: creare un collegamento con l’universo cinematografico e dare significato al seguito di Fear Itself. Insomma sto tizio venuto dal futuro racconta delle cose, delle anticipazioni su alcune delle testate che vedremo nei prossimi mesi. La migliore a mio avviso è Guardiani della Galassia, che si apre qui con le origini di Peter Quill alias Starlord, se la qualità rimarrà quella del ciclo di Dan Abnett questa serie sarà a dir poco fenomenale. Mi è piaciuto abbastanza anche Cable in versione umana che leggeremo su Incredibili X-Men. Grossissima delusione per Nova, che disegnato da McGuinnes sembra la versione per bambini di Lanterna Verde anche se i testi di Jeph Loeb sono grandiosi come sempre.

Orribile Ant-Man, anche se non mi aspettavo granchè, e perplessità su Loki che “riunisce i Vendicatori”. Insomma, qualcosa di buono c’è, e staremo a vedere come il tutto evolverà nei prossimi tempi. Il volume di per sé non è male ma non mi ha rivelato niente di nuovo. Per concludere, di queste testate mi sento di consigliare Guardiani della GalassiaNova anche se con riserva (soprattutto sui disegni) e Cable e la X-Force. Per un giudizio sulle altre bisognerà aspettare un altro po’.

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Animal Man, LA serie DC post-reboot

Con il reboot DC sono nate molte testate, sicuramente alcune più meritevoli di altre. La settimana scorsa avevo dato il mio parere positivo su una di queste, Justice League Dark, oggi vorrei proporne una seconda: Animal Man. Questo piccolo capolavoro di Jeff Lemire mi ha davvero colpito. La storia è piuttosto semplice. C’è il Rosso, che è il luogo della carne e della vita animale (almeno così lo intendo io), il cui avatar è la figlia di Buddy Baker alias Animal Man. C’è il Verde, il luogo delle piante e della crescita vegetale, il cui avatar è Alec Holland alias Swamp Thing (testata che a questo punto dovrò recuperare). Poi c’è la Putrefazione, il cui nome parla da solo, il cui avatar non si sa ancora chi sia. Questi tre luoghi, queste tre forze, devono coesistere in equilibrio, ognuna ha bisogno delle altre due per esistere, ma di tanto in tanto una di esse (in questo caso la Putrefazione) cerca di prendere il sopravvento.

Tutto questo gioco di equilibri è scritto talmente bene da essere commovente, con personaggi caratterizzati benissimo e vicende mai scontate. Animal Man, nonostante il nome, è il supereroe più umano di cui abbia mai letto: prima di tutto è un uomo, con dubbi e paure ma anche orgoglio e coraggio, poi è un padre e un marito, con ansie e preoccupazioni ma anche amore, e solo poi è un supereroe, con doveri morali. Non voglio parlare oltre della trama per non rivelare nulla, dico solo che è una delle cose migliori uscite dal reboot DC. Dico davvero.

I disegni poi sono la ciliegina su una torta buonissima. La trama, dall’inizio fino ad ora, ha sempre un che di disturbante, con la Putrefazione e i suoi araldi che avanzano. Lo stile di disegno di Travel Foreman e Dan Green rappresenta benissimo questo aspetto, riuscendo ad essere raccapricciante quando serve e poetico quando serve.

In conclusione, il fatto che questa testata si intersechi con Swamp Thing e con Justice League Dark (come il secondo numero lascia presagire) non può che farmi piacere, si sta creando una specie di microcosmo interno al macro universo DC, microcosmo nel quale però due serie su tre sono spettacolari. Quindi in conclusione, davvero stavolta, questo è davvero un bellissimo fumetto. Buona lettura.

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Il lato oscuro della Justice League

È passato un anno spaccato dalla pubblicazione in Italia del reboot DC e ormai quasi un anno e mezzo dalla nascita dell’etichetta RW Lion, ho quindi tutta l’intenzione e dati a sufficienza per affrontare, nei prossimi giorni, un resoconto approfondito di come stanno andando le cose. Non troppo bene, dal mio punto di vista (per quanto riguarda il reboot, la casa editrice mi sta convincendo un sacco). Nel frattempo vorrei parlare un po’ di una serie del New 52 che mi ha particolarmente colpito, in parte perché è davvero ben fatta e in parte probabilmente perché non nutrivo grossissime aspettative. Mi riferisco, come il titolo dell’articolo suggerisce, a Justice League Dark. È finora uscito un solo numero di quest’opera, e già dal prossimo cambierà lo scrittore, ma devo ammettere che nonostante il nome Peter Milligan sia stampato in copertina avevo deciso di non comprarlo. Errore. Non so cosa cosa mi sia preso, a Milligan bisogna dar fiducia. Per chi non lo avesse conosciuto sulle pagine di Hellblazer la testata Lanterne Rosse dovrebbe essere comunque una prova di abilità sufficiente. In ogni caso ho rimediato. E ho fatto bene.

Bisogna ammettere che la DC, almeno nell’ultimo periodo, ha un po’ abbandonato tutti quei personaggi che avevano a che fare con il sovrannaturale. Zatanna è praticamente scomparsa dopo Crisi d’Identità, relegata alle pagine quasi sconosciute in Italia di JSA; John Constantine aveva la sua serie iper-di-nicchia targata Vertigo; Madame Xanadu si è vista chiudere i battenti (con mio sommo dolore); non ricordo da quanto tempo Boston Brand non ha una testata tutta sua. Justice League Dark riunisce tutti questi personaggi, affrontando di conseguenza i temi della magia, dell’ignoto, e tutte quelle minacce che, per loro natura, non sono e non possono essere di competenza della JLA. Bisogna ammettere che quest’albo è un po’ strano, mi ha ricordato vagamente le tipiche sessioni iniziali di un qualsiasi gioco di ruolo in cui il master fornisce al gruppo un pretesto perché diventi effettivamente un gruppo e cooperi ad un fine unitario. E ciò è esattamente quanto accade in queste pagine: Madame Xanadu tira le fila e mette insieme una squadra che, pian piano, comincerà a lavorare assieme. I membri sono Madame Xanadu stessa, Deadman, John Constantine, Zatanna, Shade e Mindwarp; personaggi “pericolosi per loro stessi e per gli altri”. Le vicende sono davvero ben scritte, Milligan è un dannato genio e non si può negare che riesca a tenere il lettore incollato alle pagine fino alla fine. Non vorrei rivelare nulla della trama tranne il fatto che ha almeno due lati molto positivi. Primo. I dialoghi sono davvero ben pensati, la psicologia dei personaggi emerge per bene e non si ha mai la sensazione che qualcuno stia agendo a caso (eccezion fatta per il piccolo intervento della JLA all’inizio). Secondo. Il cattivo del volume (nessuno spoiler, viene detto tipo a pagina 4) è una certa Incantatrice. La stessa incantatrice che compariva in Flashpoint, all’epoca senza motivo. Vuoi a vedere che, dopo più di un anno, questa vicenda lasciata in sospeso verrà ripresa per mano e troverà una sorta di conclusione? Speriamo di si, anche se sono convinto che questa serie non abbia la visibilità che merita e non la riceverà grazie a questo.

Gli eroi mistici che formano la JLD e l’Incantatrice

In conclusione, ottimo albo. Davvero. Vedremo cosa succederà quando lo scrittore diventerà Jeff Lemire (scrittore che comunque ho molto apprezzato in Animal Man) e soprattutto cosa succederà con questa storia dell’Incantatrice, ma sono più che fiducioso. Consigliatissimo.

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Analisi: Anteprima di aprile 2013 – Panini

Anche questo mese Mega tarda ad arrivare sugli scaffali, quindi si parte con le novità Panini. Devo ammettere che quest’Anteprima è davvero scarna di contenuti, quindi cercherò di essere breve e risparmiare spazio per parlare d’altro. E con altro intendo Marvel Now!.

Cominciamo dall’editoriale, che pone giustamente l’attenzione su una nuova serie Bonelli che purtroppo non ho ancora avuto il tempo di recensire. Questa serie si intitola Le Storie, e si compone di albi autoconclusivi dal taglio storico. Sono usciti, ad ora, 7 volumi (l’ultimo non ce l’ho ancora) che spaziano da dalla Rivoluzione Francese, alla caduta del Muro di Berlino passando per il proibizionismo e per l’età coloniale inglese. A grandi linee posso dirvi che la serie merita molto e che quasi tutti i numeri usciti finora mi sono piaciuti. Vorrei porre l’accento, però, sulla strategia commerciale bonelliana (casa editrice che, francamente, non è esattamente nelle mie grazie): se nelle edicole e nelle fumetterie con licenze da edicola siamo al numero 7, perché nei circuiti normali e in Anteprima di questo mese è annunciata come novità l’uscita del numero 3? L’impressione che ho io è che la Bonelli, nella sua infinita arroganza, snobbi i circuiti ordinari di distribuzione, tanto non ne ha bisogno. Magari mi sbaglio.

Comunque. Novità. La novità più grossa (che la dice lunga sul contenuto di questo mese) è un cambio di grafica della rivista stessa, che rende quasi impossibile capire qualcosa. Ma andiamo avanti. Le testate Marvel Now! annunciate questo mese sono: I Nuovissimi X-Men di Brian Michael Bendis e Stuart Immonen che, nonostante abbia collaborato alla stronzata del secolo Fear Itself, è un disegnatore niente male; Fantastici Quattro, che per l’occasione sfoggiano un nuovo team composto da She-Hulk, Ant-Man, Medusa e Miss Cosa (?); forse Devil ma non ho capito, testata che peraltro comincerà ad ospitare un nuovo e finalmente figo gruppo di Thunderbolts; Thor e infine Capitan America illustrato dal grande John Romita Junior. Il resto, per quanto riguarda l’universo Marvel, si riduce alle usuali testate regolari e a qualche speciale, sul mondo X-Men.

La sezione Panini Comics riserva qualche sorpresa in più. Sigfried sembra interessante ma gli editori dovranno seriamente rivederne il costo: 96 pagine a 16,90€ è un furto, il lato divertente è che sopra l’immagine hanno pensato bene di scriverci “96 pagine a un prezzo speciale!”, bah. Poi c’è sta roba intitolata Mutafukaz, il cui unico commento è “Yo!”, e la cui descrizione comincia con una domanda. “È possibile mischiare hip-hop, lottta libera messicana e fantascienza in stile anni 50?” La mia personale risposta è “francamente speravo di no”. Poi ci sono una nuova serie di Garth Ennis, Dicks, e un nuovo albo noir della coppia Ellis-Burrows, Cicatrici. Ma i must di questo mese sono Supercrooks di Mark Millar e Lenil Yu, in cui dei supercriminali emigrano in Spagna dove la densità di eroi mascherati è minore, e l’omnibus Gea di Enoch, se vi piace il fumetto italiano d’autore.

Per quanto riguarda i manga le novità interessanti sono 3: Ichi the Killer, manga dall’autore di Homunculus da cui Takahashi Miike ha tratto l’omonimo film; 6000 Rokusen, che dovrebbe essere una specie di horror claustrofobico ambientato in fondo al mare; nonché la riedizione di Trigun, vero must-have per chiunque non ce l’abbia già. Non fatevi poi sfuggire i nuovi numeri di Dogs, di Knights of Sidonia e soprattutto di Evangelion Collection.

Alla fine mi sono dilungato lo stesso, quindi sarò breve (per il momento) su Marvel Now!. Per la prima volta da quando scrivo mi trovo quasi d’accordo con MML, che da mesi prova a convincerci che l’imminente reboot Marvel non è un reboot. D’accordo. Mi ha quasi convinto. Solo che lui la intende in maniera positiva, io no. Mi spiego. Tutte le testate si azzerano e ripartono da 1, cambiano i team di supereroi nonché i team creativi. Questo si dice “fare un reboot”. Tuttavia non viene cancellata la continuity precedente. Questo si dice “non avere le palle”. E si dice anche “attirare il neofita” con le false promesse di quell’1 stampato in copertina. Per concludere, mi sembra che attualmente Marvel Now! serva soltanto a farci comprare una svalangata di cover variant e affini, ma magari mi sbaglio.

 

Continuity, questa sconosciuta – Parte II

Facciamo un attimo un riepilogo. Ieri abbiamo visto che possiamo “aprire” il concetto di continuity in tre sottocategorie principali: continuity spaziale, temporale e “con il mondo esterno”. Abbiamo anche visto i problemi di pubblicazione legati a quest’ultima tipologia e ci stavamo chiedendo se ci fossero altri problemi, oltre a quello legato si può dire all’età dell’eroe che, come abbiamo visto, non è particolarmente rilevante a conti fatti.

In effetti altri problemi ci sono eccome e dipendono dalla componente temporale e da quella spaziale, nonché dalla loro interazione. È chiara, a questo punto, la necessità che direi essere praticamente assoluta di un qualche tipo di coerenza (in particolar modo temporale) all’interno di una testata e, in realtà, tra tutte le altre testate dello stesso universo. Per riprendere l’esempio di ieri, se in quel numero 10 di Batman la nostra Barbara Gordon rimane paralizzata, essa dovrà apparire paralizzata in tutti i numeri successivi non solo di Batman ma anche di ogni altro albo dello stesso universo (Superman, Lanterna Verde eccetera). Questo a meno che un preciso evento non spieghi il motivo di un’eventuale cambiamento di status: se Barbara viene curata, evidentemente potrà tornare a camminare. Ma in questo caso DOVRÀ tornare a camminare in ogni altra testata. Insomma. Bisogna essere coerenti ovunque. E questo, come dicevo ieri, è bene: dà senso di unità e di realismo alle vicende e non confonde il lettore. Tuttavia tutto ciò si tira dietro almeno 3 problemi.

1) Un qualunque scrittore che si trovi a scrivere, per la prima volta o anche dopo anni di lavoro ininterrotto, su una testata dovrà avere una conoscenza titanica di tutto quanto è successo prima del suo arrivo nell’universo in cui quella testata si colloca. Questo problema è in parte (in realtà spesso in maniera fasulla e illusoria) risolto operando delle azioni di reboot più o meno evidenti.

2) C’è bisogno di molta più cooperazione e molto più dialogo tra gli autori che scrivono storie su testate diverse ma che narrano eventi contemporanei. Il rischio altrimenti, e purtroppo molto spesso si vedono cose simili, è che Batman sia simultaneamente impegnato sia a Gotham City che, per dirne una, nello spazio assieme alla JLA. O, giusto per parlare un pochetto anche di Marvel, che Cap stia gestendo il disastro contro gli X-Men e allo stesso tempo sia in una navicella assieme ai Guardiani della Galassia a salvare l’universo da Thanos. Queste incongruenze narrative spesso sono giustificate dagli autori dicendo che la loro storia avviene, per esempio, in un futuro non troppo lontano nonostante sia pubblicata simultaneamente ad un’altra; ma se così fosse sarebbe meglio saperlo prima. Tutto ciò può essere evitato, con sforzo relativamente basso, assegnando la direzione generale delle testate a un editor o a un autore molto competente che dia le linee guida a chi scrive le rispettive testate, anche se ciò limita la libertà d’azione degli autori.

3) Ultimo ma non meno importante, questo problema è una versione del punto numero 1 che riguarda, tuttavia, non gli autori ma i lettori. Qualsiasi persona volesse iniziare a seguire una nuova testata dovrebbe possedere un certo grado di conoscenza di tutta la continuity ad essa collegata. Ad esempio se io volessi cominciare ora a seguire l’universo Marvel, per esempio la testata Avengers, dovrei recuperare e leggere una serie di opere precedenti (diciamo stando strettini da House of M in poi) che coprono pubblicazioni di una decina abbondante d’anni. Questo è economicamente e praticamente impossibile nella maggior parte dei casi. Questo problema viene aggirato dall’inserimento, alle volte forzato, di punti d’ingresso per nuovi lettori in cui magari si fa un riassunto, breve quanto basta, per godere le letture successive degli eventi importanti successi nel passato recente. Inoltre la continuity “ufficiale” viene man mano alleggerita in maniera naturale e quasi invisibile: a meno che un evento non sia incredibilmente importante (per esempio Civil War per l’universo Marvel o Sinestro War per Lanterna Verde) via via che il tempo passa ad esso si fanno sempre meno riferimenti fino a che averlo letto oppure no non influisce in nessun modo sulla fruibilità al lettore dell’opera attuale.

Tuttavia tutti questi “accorgimenti” non bastano: spesso gli autori perdono un po’ il controllo della situazione (quanto detto riguardo i Vendicatori sta succedendo ora) e i lettori, in particolar modo i neofiti, troppo spesso si sentono scoraggiati o restano spiazzati di fronte all’immane mole di conoscenza necessaria a leggere per bene un opera.

C’è inoltre un’altro problema, questo collegato prevalentemente all’aspetto spaziale di continuity, che è del tutto economico. Ogni volta che c’è un crossover, o un maxievento come dicono alla Marvel, esso toccherà più o meno pesantemente tutte le testate di quell’universo. Per leggere e comprendere a fondo un evento come AvX, per esempio, non sarà quindi sufficiente leggere soltanto la miniserie omonima, perché è troppo ridotta e dà soltanto una visione generale degli eventi. Bisognerà necessariamente leggere anche Capitan AmericaThorIron Man, Avengers, X-Men e Wolverine e gli X-Men, nonché AvX Versus per essere pignoli. Facendo anche solo una stima è evidente come la spesa mensile diventa in questo modo molto consistente, e anche questo può spaventare il lettore per esempio di manga abituato a comprare un albo contenente tutto quanto serve per la comprensione della storia.

Ma allora perché, se tutto è così complicato, qualcuno dovrebbe voler infilarsi in questo mondo? Per entrarci bisogna leggere un sacco di roba preliminare per farsi una cultura di base, leggersi le principali opere del passato dei vari personaggi per poter comprendere il loro comportamento attuale, comprare moltissime testate tutte intrecciate tra loro per apprezzare a fondo le varie sfumature di ogni opera, tenersi informati anche sulle testate che non si seguono perché potrebbe succedere qualcosa di importante, e infine stare attenti agli “errori” che alle volte gli stessi autori commettono. La risposta alla domanda “ne vale la pena?” secondo me, come ovvio, è affermativa anche se le motivazioni possono essere sfaccettate.

Il manga, come genere letterario, è paragonabile a un libro (nonostante sia tipicamente a puntate e, in alcuni casi, sia smodatamente lungo). Ha un inizio e una fine, e forma una trama completa in sé stessa. Il comic americano è del tutto differente, per tutto quello che abbiamo detto prima. Tuttavia riesce a fare una cosa che il manga non fa (e badate bene che non è né un merito né un demerito, usano semplicemente strumenti diversi): prende il lettore e lo lancia in un universo dalla notevole complessità e in continua evoluzione, un po’ come il mondo reale se vogliamo. Quindi secondo me vale la pena almeno provare a fare tutta quella fatica perché, una volta fatta, il fumetto supereroistico (in realtà non il fumetto stesso, ma la continuity che c’è dietro) dà delle sensazioni completamente diverse da ogni altro. È per me molto appagante, quando leggo un albo nuovo, riuscire a cogliere qua e là riferimenti a opere passate; riuscire a comprendere quali eventi passati di quel personaggio lo hanno portato lì e ora a fare quello che sta facendo; riuscire a intuire le ripercussioni che un arco narrativo può avere, anche a lungo termine, sull’universo di cui fa parte.

Grazie per l’attenzione durante questa tirata infinita e, temo, abbastanza noiosa. In questi due articoli ho cercato di spiegare cos’è la continuity, perché è importante (e piacevole) e che problemi si porta dietro. Quindi, in definitiva, i lettori affezionati di manga che seguono questo blog non siano timidi o preoccupati e provino a immergersi in questo mondo, se ne hanno la possibilità. Più avanti pensavo di affrontare una serie di speciali sulle varie saghe Marvel che ci hanno condotto a leggere le storie che leggiamo ora, un po’ per ricapitolare per quelli che le conoscono e un po’ per rimettere in pari chi volesse provare ad espandere i propri orizzonti dal Giappone all’America.

In realtà mancherebbe da rispondere a un’ultima domanda che avevo posto alla fine dello scorso articolo, ovvero come si trasmette la continuity nel processo di traduzione e pubblicazione estera, ma ne riparleremo più avanti. Grazie ancora di aver letto fin qua e alla prossima.

Continuity, questa sconosciuta

Uno dei principali motivi per cui molto spesso i lettori abituali di manga faticano ad avvicinarsi al mondo del fumetto statunitense, in particolar modo al genere supereroistico, è quel concetto complicato e mai del tutto capito che è la “continuity”. Ma cos’è la continuity? Una semplice ricerca su Wikipedia ci fornisce una prima definizione di tale concetto e un buon punto di partenza su cui fare alcune riflessioni. Cito. Nei fumetti la continuity è l’unità di tempo, luogo e azione in cui si svolgono gli eventi, il termine serve a creare una linea spazio-temporale consistente in cui l’azione si svolge. Cosa significa questa frase? Significa in soldoni che ogni supereroe di una data casa editrice appartiene allo stesso universo cui appartengono gli altri eroi della stessa casa. Per esempio Batman pur operando a Gotham City appartiene allo stesso universo narrativo cui appartengono Superman, Wonder Woman, Lanterna Verde e compagnia bella giustificando, in questo modo, l’esistenza dei vari crossover tra le testate come, per restare in tema DC, le vicende della JLA. Chiameremo questo concetto “continuity spaziale”. Ma la questione non si limita a questo: esiste anche una sorta di “continuity temporale”. Essa serve a mantenere una sorta di coerenza storica tra le vicende attuali, quelle narrate anni fa e quelle a venire: l’idea è che se succede qualcosa di irrimediabile, per esempio la morte di un personaggio, tale evento influisca sulle vicende future. Esempio: se, nel numero 10 di Batman, Barbara Gordon rimane paralizzata e viene costretta in carrozzella, in tutti i numeri successivi lei dovrà essere in carrozzella (a meno che non venga esplicitamente curata) per coerenza con quanto successo in quel numero.

Un altro aspetto di continuity è la “continuity con il mondo reale”.  E qui cominciano i problemi. Se da un lato uno spillato mensile di 24 pagine NON copre effettivamente un mese di vita del personaggio, è evidente che le vicende sono sempre in un qualche modo attuali, calate nella realtà odierna. Ma erano calate nella realtà odierna anche venti, trenta, quarant’anni fa: ciò dovrebbe significare che Batman ora come ora dovrebbe avere una settantina d’anni, qualcuno di meno forse. L’idea di continuity, nata per mantenere una coerenza storica e narrativa tra gli eventi riguardanti non solo un dato personaggio ma tutto l’universo a cui appartiene, possiede insita nella sua natura la necessità di continui reboot e aggiornamenti dei personaggi. Rendendo in un certo senso vano lo stesso scopo per cui è nata.

Mi spiego meglio con un esempio. Nel 1939 nasce Batman ad opera di Bob Kane e Bill Finger. Il personaggio ha le sue origini e la sua vita precedente l’inizio della narrazione. A quel punto, quando la prima storia ha inizio, la continuity temporale (che al tempo non esisteva, ma facciamo finta, per amor di esempio) impone che le vicende dell’uomo pipistrello siano coerenti in modo che leggendole di fila si abbia come l’impressione di avere per le mani la biografia di un personaggio reale. E questo è buono, perché rende più verosimile lo scorrere della storia che, si spera, in questo modo dovrebbe presentare meno incoerenze. In un modo ideale tutto procede quindi bene, con coerenza e senza contraddizioni fino a quando, diciamo dopo 50 anni di pubblicazioni, qualcuno si rende conto che Bruce Wayne sembra avere la stessa età o giù di lì da un sacco di tempo, e questa è la prima incoerenza grossa. E l’unico modo per aggirare il problema è fare un reboot del personaggio: nel modo più semplice immaginabile vengono riscritte le sue origini traslandole ad un’epoca più recente. Dal punto di vista del lettore, in ogni caso, questi paradossi sono forse il problema più trascurabile dato che non snaturano la natura del personaggio e non creano danni alla vicenda singola.

I danni grossi cominciano, per un lettore più smaliziato e più “anziano”, quando ogni arco narrativo fa riferimento a diverse linee narrative, con diversi eventi passati, a seconda del gusto dell’autore. Per esempio in una storia Barbara Gordon è sanissima, mentre in un’altra pochi mesi dopo è in carrozzella. Ciò accade quando si comincia a mettere in discussione la necessità di continuity di questo modo di fare fumetti che è tipicamente endless o a lunghissima pubblicazione. E a questo punto arrivano Crisi sulle Terre Infinite Crisi sulle Terre Multiple che aggiustano la situazione ribadendo a chiare lettere: ogni storia di ogni testata appartenente allo stesso universo deve essere coerente con sé stessa e con tutte le altre affinché non sorgano dei problemi, in caso contrario deve essere chiaro che si tratta di una storia “fuori continuity”. Ma questo è sufficiente a evitare ulteriori problemi? O c’è qualcos’altro, sempre insito in questo concetto, a dar fastidio? E ci sono, come sembra, soltanto lati negativi e limitazioni? E come si trasmette tutto questo nella traduzione e nella pubblicazione in altri Paesi? A queste domande cercheremo di dar risposta nel prossimo articolo.