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Suzuka. Ovvero non sempre tutto va come sperato.

Ero appena arrivato a Tokyo da una paesino sperduto della provincia di Hiroshima, dopo ben sette ore di treno. Mancava una settimana all’inizio dell’anno scolastico. Era un giorno di pioggia.

Camminavo nei pressi della mia futura scuola superiore, quando mi capitò di vedere una ragazza. La sua figura leggiadra era veramente affascinante. Fino ad allora non avevo mai visto niente di così bello.

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Salve a tutti e bentornati. Quest’oggi vorrei parlarvi di Suzuka, un manga di Kouji Seo che in tutta onestà aspettavo da parecchio tempo. Quando ne fu annunciata l’edizione italiana lo misi addirittura al secondo posto della Top di quel mese, poi per svariati motivi rimandai l’acquisto del primo numero a data da destinarsi. Ecco, la data da destinarsi è arrivata e sono finalmente riuscito a comprare e leggere il primo volume di quest’opera. A leggerlo quasi tutto, almeno. Perché purtroppo le non tutto va sempre come sperato.

Come spiegai nella classifica delle novità di aprile, nella quale Suzuka si piazzò così tanto bene, ho da tempo una gran voglia di leggermi uno shojo (nel senso “italianizzato” del termine) dignitoso. Non dico bello perché non vorrei chiedere troppo, però dignitoso sì. Ultimamente non è che se ne vedano molti in giro, ed è un peccato. Tra la marea di prodotti discutibili che mensilmente viene riversata su un mercato per lo più inconsapevole catturò la mia attenzione, ormai parecchio tempo fa, A town where you live di Kouji Seo. Una lettura fresca e godibile, poco pretenziosa e, nonostante uno scivolone verso metà che preferirei non ricordare, con un ottimo ritmo e buone caratterizzazioni dei personaggi. Tutto andava bene, dunque, fino a quando GP Publishing, mannaggia a te, si è infilata in un acquitrino editoriale dal quale pare non essere in grado di uscire. E questo ha ovviamente trascinato nell’oblio A town where you live oltre a parecchie altre serie interessanti. Ma di questo parleremo magari in altra sede. Sta di fatto che, di nuovo, eravamo senza un manga che soddisfacesse i requisiti.

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Questo fino all’annuncio di Suzuka. Nanoda.it ne aveva parlato bene in un vecchissimo intervento su Mega (parecchio tempo fa) segnalandolo come serie da tenere d’occhio, e in più l’autore era lo stesso del sopracitato godibilissimo prodotto. Certo, questo Suzuka è di quattro anni precedente al fratello maggiore, ma le premesse ci sono tutte. Sarà un ottimo acquisto, esattamente quello che ci voleva. Giusto?

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Nello stile di disegno Suzuka si mostra in generale meno raffinato del fratello maggiore, ma ci si può passar sopra vista la differenza d’età…

Sbagliato. La vicenda inizia con l’usuale cliché del ragazzo-di-campagna-che-si-trasferisce-in-un-dormitorio-femminile. Giusto perché il mondo è pieno di dormitori femminili, che in questo caso sono anche bagni pubblici giusto per aggiungere pepe, che accettano ragazzi al loro interno. Ma solo perché sei tu.

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E giustamente, essendo un bagno pubblico, le ragazze svengono nella sauna un giorno sì e l’altro pure.

Comunque, l’incipit forzato e quanto mai abusato (qualcuno ha detto Love Hina?) non è un problema. Spesso si ha bisogno di un punto di partenza, per quanto poco credibile, da cui far iniziare la storia. Ne abbiamo visti di ogni tipo, anche ben peggiori di questo. Tutto sta nel come poi la faccenda evolve, in come lo scorrere degli eventi riesce a farti accertare/dimenticare l’assurdo assunto iniziale.

Solo che in questo caso la premessa serve solamente a giocare, ancora e ancora e ancora, con le solite banali figure tipiche di questo genere di narrativa. E quindi da subito il lettore viene immerso in un mare di goffe sbirciatine, di scivoloni osé, di palpatine involontarie e, più in generale, di tette e allusioni sessuali che manco nel peggior internet. Il tutto quantità e importanza narrativa tali da trascendere il mero fanservice.

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Palpatine e scivolate dalla fisica improbabile non mancano. Anzi abbondano.

E tutto ciò è un vero peccato, nonché sintomo che qualcosa in fase di creazione non è andato. Ricorrere così spesso a gag e situazioni trite e ritrite al punto da soffocare quella che dovrebbe essere la storia, il vero fulcro della narrazione, non va bene. L’attenzione del lettore, e ancor di più dello scrittore, non dovrebbe essere monopolizzata da battutine stantie e lazzi visti migliaia di altre volte. Dovrebbe esser indirizzata alla definizione e alla crescita dei personaggi, che dovrebbero almeno far finta di trovarsi in un contesto sociale e comportamentale credibile. E questo, tanto per capirci, in A town where you live succedeva, quindi non è che non fosse lecito aspettarselo anche qui. Invece stavolta è tutto precipitoso, abbozzato, con personaggi e comportamenti al limite del ridicolo.

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In A town where you live i personaggi avevano una loro profondità, e scene come questa assumevano tutt’altro peso…

Ecco. I personaggi. Era da molto tempo che non vedevo un character design così superficiale. E in realtà questo fatto probabilmente contribuisce in gran parte a rendere l’intera vicenda poco credibile. Dal protagonista ai comprimari sono tutti descrivibili con due parole, il che li rende più dei cliché con le gambe che dei veri e propri personaggi. Abbiamo il ragazzo buono e altruista, la cuginetta piccola e precocemente incestuosa, la saltatrice acida ma in fondo sensibile, l’universitaria zoccola e quella timida ma tettona. Passando ovviamente per l’amico d’infanzia donnaiolo che, da miglior tradizione, non può mancare.

Poi per carità, magari tutto migliorerà e Kouji Seo riuscirà nel corso dei rimanenti diciassette (!) volumi a raddrizzare il tiro. Ma non è possibile far così tanta fatica a finire un albetto del cavolo che dovrebbe e soprattutto vorrebbe, al contrario, risultare leggero e godibile. Voglio dire, non è mica From Hell… Non si può arrivare al quarto capitolo così sfiniti dalle boiate precedenti da finire per leggiucchiare un baloon sì e uno no, tanto è tutto già visto. Semplicemente non si può.

Sono onestamente e profondamente deluso da questo Suzuka che tanto mi aveva fatto sperare. Forse il problema è che mi aspettavo un’altra cosa, o forse sono semplicemente troppo pignolo. O troppo pretenzioso. In più momenti mi è sembrato di leggere, per “profondità” ed “originalità” di situazioni e personaggi, quell’Evangelion – the Shinji Ikari Raising Project di cui vi auguro di non aver mai sentito parlare. È una lettura che avevo sinceramente, ma con scarsi risultati, cercato di dimenticare.

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Ve lo ricordate? Spero per voi che la risposta sia no.

Concludendo, questo primo volume mi ha stuccato al punto che non penso comprerò il secondo e dunque, salvo cambiamenti imprevisti, la mia avventura con Suzuka finisce qua. Peccato, peccato davvero. Girando per la rete ho tuttavia notato che l’opera di cui abbiamo appena parlato è, di norma, abbastanza quotata. Quindi vi invito, se volete, a farmi sapere cosa ne pensate nei commenti qua sotto o nella pagina Facebook o dove preferite. Con questo vi ringrazio per aver letto fin qua e vi auguro buona lettura (magari non questa). Alla prossima.

(tutte le immagini appartengono ai rispettivi proprietari)

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