Opus

– A nessuno interessa di tutti quei morti? Sono persone a me care. Ho sofferto così tanto solo perché sono la protagonista?  Sia il mio destino che quello degli altri… hai creato tutto tu, a tuo gusto, non è così?

– Eh, sì, Perché sono l’autore del fumetto.

– Ho sofferto così tanto…

– È che… mi servivano dei colpi di scena.

– C’è gente che è morta! Te ne rendi conto? Il mio dolore… o l’infelicità degli altri sono cose così divertenti? Io non sono un pagliaccio! E io che pensavo di impegnarmi al massimo… Invece eri tu a decidere tutto…

– Anch’io mi impegno al massimo per disegnare.

– E a me che me ne frega? Posso piangere, ridere, ferirmi e provare dolore… nel mio corpo scorre vero sangue… tuttavia sono solo una tua creazione. Vivo dentro a un fumetto! È così assurdo che mi viene da piangere! Che rabbia!

– … scusami… non avrei mai pensato che avresti potuto sentirti così…

– Non toccarmi! Anche questo sentimento l’hai deciso tu, vero?!

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Con questo incipit di incredibile potenza espressiva torniamo a parlare dopo lunghissimo tempo dell’enorme talento, mai abbastanza apprezzato, di Satoshi Kon. E nello specifico parliamo di Opus, unico suo tentativo approcciare una serie di lunga durata autonomamente (ricordo che Seraphim era scritto a quattro mani assieme Mamoru Oshii), purtroppo finito male.  Perché se c’è una cosa che si può dire con fermezza della produzione cartacea di Kon è che non è mai stata baciata dalla fortuna e, vuoi per causa maggiore vuoi per altri interessi, non è mai riuscita a spingersi oltre al racconto breve. Sempre tranne che in questo caso. Opus è un’opera che, per quanto mancante e incompleta, dimostra una coesione e una coerenza di significato quasi senza pari e, non solo in virtù di questo, entra di diritto nella ristretta lista di albi da leggere assolutamente.

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Mi riesce particolarmente difficile parlare di un lavoro così intrinsecamente puro come Opus, perché ad essere onesti è un’opera talmente limpida, talmente cristallina, da non necessitare commento alcuno. Eppure mi sento allo stesso tempo di scrivere un po’ a riguardo, in un certo senso mi sembra giusto. Quindi partiamo, come al solito, dall’inizio e cerchiamo di tirare delle conclusioni. Opus più di qualunque altra opera abbia mai avuto la fortuna, o in alcuni casi la sfortuna, di leggere racchiude in sé l’anima della metaletteratura, espressa con un livello di introspezione e di ricorsività mai raggiunto. Un po’ mi pesa dire questa cosa, perché se si parla di ricorsività non si può che riconoscere il genio assoluto di altri grandissimi autori, uno su tutti Moebius. Solo che Kon riesce, nei pochi capitoli completati e pubblicati prima della chiusura della rivista, ad esprimere questi concetti dimostrando un’eleganza rara, una raffinatezza espressiva capace di mascherare incredibilmente bene tutti gli artifici grafici e narrativi utilizzati per esprimerli. Opus è la storia del mangaka Nagai, della sua opera Resonance e del protagonista del suo protagonista Satoko. Le pagine disegnate da Nagai, i suoi personaggi, sono tanto reali e profondi da prendere vita quando il fumettista decide la morte di Rin, per nulla d’accordo e determinato a creare da sé il proprio destino. Comincia così per Nagai un lungo viaggio del cuore del proprio fumetto lungo il quale incontrerà di persona le proprie creazioni e interagirà con loro, giungendo infine a un livello di coscienza e di responsabilità verso il proprio lavoro che, purtroppo, spesso gli autori non hanno.

Tuttavia come già detto l’intera opera non è solo metaletteratura ma è anche estremamente ricorsiva, e quindi Nagai si troverà a porsi le stesse domande che i suoi personaggi si pongono quando scoprono di non essere “reali” ma di essere stati creati. E tutto ciò è riassunto con inenarrabile potenza ma anche sottilissima bellezza e soprattutto con infinita onestà nel dialogo citato in apertura. Da questo punto di vista l’ultimo capitolo, mai pubblicato su rivista e quindi presentato in una versione ancora non definitiva, è la prova definitiva delle capacità dell’autore che riesce, con una struttura notevolmente più semplice di quanto comunemente si ritenga necessario (vedi per esempio produzioni recenti come Inception), a catturare il lettore in un gioco di scatole cinesi dal quale è difficile uscire senza porsi delle domande fondamentali.

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Per quanto riguarda la trama in sé è evidente quanto questo fumetto abbia notevolmente influenzato, e ne rappresenti quindi un ottima matrice di paragone, buona parte della produzione successiva di un gran numero di autori e di Kon stesso. I temi del rapporto con la realtà, dell’illusione, dell’infinita ricorsività sono poi divenuti molto cari a Satoshi Kon, i cui lavori di animazione ne sono stati pervasi. In particolar modo moltissime delle riflessioni qui presentate si possono rivedere approfondite nei lungometraggi Millennium Actress e, soprattutto, Paprika, summa poetica dell’autore-regista nella quale è espressa per esteso tutta la filosofia della sua produzione. Ma come dicevo molte delle tematiche qui toccate sono poi state riprese, ampliate o anche solo toccate, in opere di altri grandi autori a dimostrazione dell’importanza di questo lavoro. La crisi del concetto di individualità e la conseguente nascita di un bisogno di unificazione superiore, per esempio, verrà ampiamente esaminato in Eden di Hiroki Endo e in Leviathan di Eiji Ootsuka e Yu Kinutani, autori che hanno molto in comune con Kon anche per quanto riguarda l’aspetto grafico del tratto, del character design e della costruzione delle tavole. Il rapporto con la “divinità” nonché la ridefinizione del concetto stesso di divinità e, quindi, di realtà verrà successivamente rimaneggiato in opere come Serial Experiment Lain, la cui visione è più che consigliata. Potremmo continuare per molte righe a citare spunti di riflessione magari solo accennati in Opus ma che hanno successivamente acquisito importanza fino a diventare i cardini di altri tipi di narrativa ma credo, in tutta onestà, che non sia necessario.

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Francamente la chiuderei qui. Opus è un’opera di rara magnificenza, a metà tra letteratura e saggio sul rapporto tra un autore e il proprio lavoro. Raramente un lettore ha la fortuna di trovarsi di fronte a pagine così dense di significato espresso con un’attenzione così sistematica ma allo stesso tempo fruibile sia nella forma che nel contenuto. Opus è una pietra miliare del fumetto giapponese e non solo, non saprei come altro definirlo, in esso sono contenuti i semi di moltissimi temi attualmente “in voga”, e si presta a notevolissime riflessioni. È una lettura assolutamente imprescindibile.

– Se quest’anno sei impegnato lo farai l’anno prossimo. ricorda però che hai delle responsabilità verso la tua opera.

(tutte le immagini appartengono ai rispettivi proprietari)

2 thoughts on “Opus

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